Un’importante scoperta scientifica ha segnato un traguardo significativo nella fisica moderna: dopo più di cinquant’anni dalla sua formulazione teorica, l’effetto Zel’dovich è stato finalmente confermato in laboratorio. Questo fenomeno, che consente di “estrarre” energia da un sistema rotante, è il risultato del lavoro pionieristico del fisico britannico Roger Penrose, il quale nel 1969 aveva proposto un metodo per recuperare energia da un buco nero.
L’idea alla base dell’effetto è stata ampliata dal fisico bielorusso Yakov Zel’dovich, che ha suggerito di testare il concetto su sistemi rotanti più accessibili, dato che i buchi neri sono difficilmente replicabili in laboratorio. La teoria si basa sul principio dell’effetto Doppler, un fenomeno ben noto che causa variazioni nella frequenza delle onde sonore o elettromagnetiche a seconda del movimento relativo della sorgente e dell’osservatore.
Recentemente, un team di ricercatori dell’Università di Southampton, guidato da Marion Cromb, ha compiuto un passo decisivo. In precedenti esperimenti, il gruppo aveva già dimostrato l’effetto utilizzando onde sonore riflesse su un disco in rotazione. Questa volta, però, hanno replicato l’esperimento impiegando onde elettromagnetiche su un cilindro di alluminio in rotazione, raggiungendo velocità tali da generare frequenze negative nelle onde.
Questa scoperta non solo convalida l’effetto Zel’dovich, ma apre anche nuove strade per la ricerca nel campo dell’energia, suggerendo che potrebbero esistere modalità innovative per raccogliere energia da sistemi fisici. Le implicazioni di questa ricerca potrebbero estendersi ben oltre il laboratorio, influenzando futuri sviluppi in vari ambiti scientifici e tecnologici.