La “pillola blu” potrebbe non essere mai esistita se non fosse stata per l’attenzione e la sensibilità di un’infermiera. L’interessante storia del Viagra, il farmaco contro la disfunzione erettile che ha aiutato oltre 62 milioni di uomini in tutto il mondo sin dal 1998, è stata narrata in un articolo su Quartz, che offre un esempio significativo del funzionamento della ricerca farmacologica e del corpo umano.
Il progetto iniziale della compagnia farmaceutica Pfizer non mirava a sviluppare un medicinale per la disfunzione erettile, bensì per trattare disturbi cardiovascolari come l’angina pectoris. Il principio attivo del Viagra, il Sildenafil, doveva dilatare i vasi sanguigni del cuore bloccando una proteina chiamata PDE-5. Sebbene i test sugli animali sembrassero promettenti e privi di effetti collaterali, i benefici attesi sull’angina pectoris non furono soddisfacenti quando il farmaco fu testato sugli esseri umani nei primi anni ’90.
Tuttavia, durante le fasi di sperimentazione, le infermiere notarono qualcosa di interessante: molti pazienti iniziavano a mostrare segni di erezione durante le visite mediche. Questo fenomeno fu riportato a John LaMattina, all’epoca capo del dipartimento di ricerca e sviluppo della Pfizer, da un’infermiera particolarmente attenta. Si ipotizzò che le erezioni inaspettate fossero il risultato della dilatazione dei vasi sanguigni, ma non quelli del cuore.
Il Sildenafil stava funzionando, ma non nel modo previsto. Si scoprì che la dilatazione dei vasi sanguigni era il principio base dell’erezione, e così nacque la pillola contro l’impotenza. Nel 1998, la Food and Drug Administration (FDA) ne approvò l’uso per la disfunzione erettile. Successivamente, nel 2005, sia la FDA che l’Agenzia europea del farmaco autorizzarono il suo utilizzo anche per l’ipertensione arteriosa polmonare, vendendolo con il nome di Revatio.
Questo caso non è un’eccezione, ma piuttosto un esempio di come la conoscenza dei singoli meccanismi del corpo umano sia cresciuta, mentre resta ancora molto da apprendere riguardo all’interazione complessiva tra le sue parti. Questo costante processo di scoperta può portare a nuovi utilizzi delle molecole, soprattutto quando l’aumento del numero di pazienti che ne beneficiano durante la commercializzazione apre nuove prospettive.