La battaglia tra uomo e natura secondo lorraine daston

Nel suo recente lavoro, Contro Natura, la storica della scienza Lorraine Daston invita a una riflessione profonda sulla relazione che l’umanità ha instaurato con il Pianeta. Direttore del Max Planck Institute di Storia della Scienza di Berlino, Daston analizza le implicazioni del progresso tecnologico e le sue connessioni con la natura, sottolineando la necessità di ripensare a come interagiamo con le risorse naturali che ci circondano.

Nel corso degli ultimi decenni, la rapida evoluzione delle tecnologie e dei cambiamenti sociali ha creato una frattura tra il presente e il futuro, una discontinuità che rende difficile immaginare un domani stabile e prevedibile. Questo fenomeno, già accentuato dagli sconvolgimenti causati dalla pandemia, ha portato a una crescente incertezza, che oggi ci impedisce di progettare il futuro con la stessa sicurezza di un tempo. Ma è proprio in questo contesto di incertezza che la riflessione di Daston assume un’importanza cruciale.

La studiosa evidenzia come la nostra visione della natura sia spesso limitata a quella di un’entità da domare, quasi un antagonista, da cui l’uomo deve separarsi per emergere vittorioso grazie alla tecnologia. Tuttavia, Daston sostiene che non esista tecnologia che non dipenda in ultima analisi dalle risorse naturali: dall’energia eolica che alimenta i mulini a vento ai silici dei microchip, ogni avanzamento tecnologico ha radici nel mondo naturale. La natura non è un nemico da sconfiggere, ma piuttosto la fonte primaria di ogni nostro progresso.

Uno degli aspetti più affascinanti del suo pensiero riguarda il concetto di risorse naturali. Se da un lato siamo abituati a pensare alla natura come a un insieme di limiti da superare, Daston invita a considerarla sotto una nuova luce: quella di una risorsa dinamica, che offre sia la materia prima che la stabilità necessaria al funzionamento della tecnologia. Per esempio, l’acqua che alimenta la produzione di energia, o le leggi fisiche che permettono il funzionamento dei raggi X e delle radiografie, sono tutte manifestazioni della natura che ci permettono di progredire. Senza di essa, la tecnologia non sarebbe nemmeno concepibile.

Daston smonta, inoltre, l’idea di una “vendetta della natura”. Secondo questa visione, ogni disastro naturale sarebbe una risposta di una natura arrabbiata contro le azioni dell’uomo, come se essa agisse in modo antropomorfico. La realtà è ben diversa. L’essere umano non è l’unico agente in grado di alterare gli equilibri ecologici: altre specie, come le carpe asiatiche che hanno invaso i fiumi del Nord America, hanno avuto effetti altrettanto devastanti sugli ecosistemi locali. Ciò che rende unica l’azione dell’uomo è la sua capacità di operare modifiche su scala globale, un impatto reso ancora più potente dalle sue tecnologie.

La studiosa invita a riconoscere la delicatezza dell’equilibrio ecologico in cui tutte le specie vivono, compresa l’umanità. Alterando l’ambiente in maniera irresponsabile, possiamo innescare reazioni a catena che danneggiano anche noi stessi. Questo equilibrio fragile è stato messo a rischio in vari momenti della storia recente, come nel caso del cambiamento climatico causato dalle emissioni di carbonio e della perdita di biodiversità.

Il pensiero di Daston ci propone dunque un cambiamento di prospettiva: non un mondo in cui uomo e natura siano forze opposte, ma un mondo in cui l’uomo riconosca la propria dipendenza dalle risorse naturali. Il futuro del nostro pianeta dipende dalla nostra capacità di agire con consapevolezza, considerando le conseguenze delle nostre azioni. Come sottolinea l’autrice, il vero pericolo non è vivere in un “eterno presente”, ma nel non riuscire più ad immaginare con certezza il futuro. La chiave per evitare il collasso potrebbe risiedere proprio nell’apprendere a riflettere prima di agire, per preservare la possibilità di un domani vivibile per tutte le forme di vita, inclusa la nostra.