Pietro Pellegrini, musicista, produttore e ingegnere del suono, è stato una figura cruciale nella storia musicale italiana, specialmente negli anni ’80, quando ha portato in Italia il Fairlight, un computer musicale innovativo che ha rivoluzionato il mondo della musica. Grazie a questo strumento, Pellegrini ha avuto un ruolo fondamentale nell’introduzione della tecnologia di campionamento nel nostro paese, formando numerosi artisti e accompagnando le loro evoluzioni sonore. La sua carriera, però, non si è limitata a questo. Pellegrini è stato anche membro degli Alphataurus, band di culto del progressive rock italiano, e ha avuto un lungo percorso anche nel mondo della discografia, dove ha svolto un ruolo di talent scout per artisti di grande rilievo come Fabrizio De André, Alberto Fortis e molti altri.
La sua storia è un incrocio di musica, innovazione tecnologica e profondi legami con alcuni dei più grandi nomi della musica italiana. In un’intervista esclusiva, Pellegrini racconta la sua esperienza con il Fairlight, la sua collaborazione con i Pooh, la sua relazione con Battiato e il suo contributo alla musica italiana in un periodo di cambiamento epocale.
L’arrivo del Fairlight in Italia: una rivoluzione musicale
Nel 1982, Pellegrini ha portato in Italia il Fairlight CMI, un rivoluzionario strumento che cambiò il modo di concepire la musica elettronica. Questo strumento permetteva di campionare suoni reali e di manipolarli per crearne di nuovi, utilizzando una penna ottica per modificare l’onda sonora direttamente su uno schermo. “Quando mi sono trovato di fronte al Fairlight per la prima volta, ho capito subito che sarebbe stato qualcosa di eccezionale”, racconta Pellegrini. “Avevo letto un articolo sulla sua esistenza grazie a mio padre, che era abbonato al bollettino della Camera di commercio australiana, e mi sono subito sentito attratto da quella tecnologia.”
Pellegrini, insieme al musicista Franco Serafini e a Umberto Facin, fondatore della CEM Elettronica, decise di importare il Fairlight in Italia. Nonostante il prezzo esorbitante di circa 50 milioni di lire, la passione per la musica e l’innovazione li spinse a fare quel passo, rendendo possibile l’utilizzo del Fairlight per diversi artisti italiani.
Il rapporto con i Pooh e Battiato: tra assistenza e amore-odio
Uno degli aneddoti più curiosi riguarda la sua esperienza con i Pooh, che all’epoca utilizzavano il Fairlight durante i concerti. Pellegrini ricorda di aver dato assistenza a Roby Facchinetti, che, nel corso dei live, doveva usare con attenzione la tastiera del Fairlight, altrimenti il sistema andava in tilt. “C’era un concerto in uno stadio dove il Fairlight venne messo troppo vicino alla macchina del fumo. Il fumo mandò in tilt il sistema, ma per fortuna siamo riusciti a portarlo a termine”, racconta divertito.
Anche con Franco Battiato il rapporto con il Fairlight fu interessante, seppur segnato da un certo “amore-odio”. Pellegrini racconta di come Battiato, sempre esigente nelle sue richieste musicali, passasse ore a testare suoni e a modificare campioni, a volte frustato dai limiti tecnologici dell’epoca. Nonostante le difficoltà, il risultato finale fu indimenticabile. Il Fairlight venne utilizzato in brani come Radio Varsavia e L’esodo, con suoni orchestrali campionati e manipolati digitalmente, creando atmosfere uniche nel panorama musicale italiano.
Gli Alphataurus: dal primo album al ritorno con 2084: viaggio nel nulla
Prima di diventare un pioniere della tecnologia musicale, Pellegrini era già un musicista affermato. Nel 1971, con gli Alphataurus, band progressive rock milanese, registrò l’unico album della sua carriera con il gruppo, un’opera che negli anni è diventata una pietra miliare del genere. Nonostante le difficoltà del mercato discografico e la scarsa diffusione iniziale, l’album ha raggiunto oggi un valore incredibile, con copie originali che superano i 2000 euro.
Nel corso degli anni, gli Alphataurus sono tornati insieme, pubblicando il loro secondo album, 2084: viaggio nel nulla, nel 2024. Il nuovo lavoro, un concept sci-fi, prosegue il percorso iniziato con il primo disco, trattando temi di catastrofi globali e viaggi interstellari, un’eco di quei temi esistenzialisti che avevano caratterizzato l’album del 1973.
Il passaggio da musicista a talent scout e produttore
Oltre alla sua carriera musicale, Pellegrini ha avuto un’importante esperienza nel mondo della discografia, lavorando come talent scout per la Ricordi. La sua sensibilità artistica gli ha permesso di scoprire talenti come Alberto Fortis e Garbo, ma è stato soprattutto il suo lavoro con Fabrizio De André a segnare una delle tappe più significative della sua carriera.
“Ho lavorato a stretto contatto con De André, prima seguendo la registrazione di L’indiano e poi anche per altri progetti, come Le nuvole. Fabrizio era una persona straordinaria, sia come artista che come uomo. È stato un onore lavorare con lui”, dice Pellegrini, ricordando con affetto la sua collaborazione con uno dei più grandi cantautori italiani.
Il futuro della musica e la sua visione sull’industria discografica
Oggi, Pellegrini osserva con preoccupazione la trasformazione dell’industria discografica. “La discografia di oggi non esiste più come un tempo. Oggi sono manager aziendali a dominare il settore, e l’aspetto artistico è spesso sacrificato in favore di logiche di mercato”, riflette. Nonostante ciò, Pellegrini rimane ottimista riguardo alle nuove generazioni di musicisti. “Ci sono giovani talentuosi che meritano una guida, ma manca un sistema che li aiuti a emergere.”
Con la sua esperienza e la sua passione per la musica, Pellegrini continua a essere una figura di riferimento per chi desidera comprendere la storia e l’evoluzione della musica italiana e internazionale.