Nel 1932, il Brasile si trovò in una situazione insolita durante le Olimpiadi di Los Angeles. In un periodo di crisi economica globale, il governo di Getúlio Vargas ideò un modo creativo per consentire ai suoi atleti di partecipare ai giochi, nonostante le difficoltà finanziarie. Per finanziare il viaggio della squadra, venne stipulato un accordo con il National Coffee Council degli Stati Uniti, che fornì 22.700 kg di caffè da vendere durante il tragitto.
La squadra brasiliana, composta da 69 membri, partì per gli Stati Uniti con il compito di vendere il caffè. Tuttavia, il viaggio non si rivelò facile. Durante la traversata del Canale di Panama, molti atleti non riuscirono a vendere il caffè necessario per pagare il pedaggio. Solo grazie a un prestito della Banca nazionale brasiliana poterono garantire il passaggio. Una volta arrivati a Los Angeles, si trovarono ad affrontare una tassa di ingresso di 1 dollaro per atleta, una spesa inaspettata e significativa.
A causa di queste difficoltà, la squadra ottenne solo 24 dollari dalla vendita del caffè, costringendo a selezionare solo 24 atleti per la competizione. Arrivati alle gare, gli atleti si presentarono in condizioni precarie, stanchi e debilitati, e il loro miglior piazzamento fu un sesto posto.
Al rientro in Brasile, le sventure non terminarono. Gli atleti dovettero affrontare una rivolta civile che bloccò il traffico nelle principali città portuali, costringendoli a percorrere lunghe distanze per tornare a casa. Questo episodio sottolinea non solo le difficoltà economiche del Brasile negli anni ’30, ma anche la determinazione del paese di far valere la propria presenza nel contesto olimpico nonostante gli ostacoli.