Mentre si avvicina la Conferenza delle Parti sul clima (COP29), che si terrà a Baku dall’11 novembre, l’Azerbaigian si trova al centro di un paradosso inquietante: da un lato, l’impegno internazionale per combattere il cambiamento climatico, dall’altro, la crescente espansione della produzione di gas fossile nel Paese.
La compagnia statale di petrolio e gas, Socar, ha annunciato piani ambiziosi per aumentare la produzione di gas da 37 a 49 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2033. Questa crescita sarà accompagnata da un incremento delle esportazioni verso l’Unione Europea, con un aumento previsto del 17% entro il 2026. Questi sviluppi avvengono in un contesto globale in cui le emissioni di CO2 continuano a raggiungere livelli record, alimentando un dibattito urgente sulla sostenibilità del nostro futuro.
Un rapporto recente ha messo in luce il potenziale aumento della produzione di gas in Azerbaijan, previsto per un incremento del 30% nei prossimi dieci anni. Le aziende di combustibili fossili stanno pianificando investimenti ingenti, pari a 41,4 miliardi di dollari, per sfruttare i giacimenti di gas del Paese. Tali progetti potrebbero generare emissioni di CO2 equivalenti a oltre il doppio di quelle annuali del Regno Unito, vanificando gli sforzi globali per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Critiche emergono anche riguardo all’incoerenza delle politiche climatiche dell’Azerbaigian. Mentre Socar ha avviato iniziative legate alle energie rinnovabili, queste sembrano essere poco più di una goccia nell’oceano rispetto agli investimenti predominanti nel settore fossile. Questo disallineamento tra dichiarazioni e azioni concrete solleva interrogativi sull’efficacia della leadership del Paese nella lotta contro il cambiamento climatico.
In un contesto in cui le nazioni devono affrontare scelte difficili per il futuro del pianeta, l’Azerbaigian rappresenta un esempio emblematico delle contraddizioni in cui ci troviamo. Con l’avvicinarsi della COP29, la speranza è che i leader mondiali riescano a trovare un terreno comune per affrontare le sfide climatiche, senza sacrificare gli impegni per un futuro sostenibile a favore di interessi economici a breve termine.