Nell’antichità, la comprensione dei disturbi mentali era profondamente influenzata da credenze religiose e superstiziose. I metodi di cura variavano ampiamente a seconda delle culture e delle epoche, ma spesso riflettevano la convinzione che le malattie mentali fossero causate da forze esterne o da squilibri fisici.
Uno dei metodi più comuni era l’esorcismo, praticato da sacerdoti o stregoni che cercavano di liberare gli individui da spiriti maligni ritenuti responsabili della loro condizione. Questo approccio si affiancava a rituali complessi e all’uso di amuleti.
Il salasso era un’altra pratica diffusa, impiegata per “purificare” il corpo dai cosiddetti “cattivi umori”. La rimozione di sangue veniva vista come un modo per ripristinare l’equilibrio dei quattro umori, una teoria medica che dominava il pensiero medico dell’epoca.
Un metodo particolarmente estremo era la trapanazione, attraverso la quale si praticava un foro nel cranio, nella speranza di alleviare la sofferenza mentale. Sebbene oggi possa sembrare bizzarro, rappresentava un tentativo di affrontare direttamente il problema, evidenziando la limitata comprensione delle cause dei disturbi psichici.
Inoltre, il medico Ippocrate suggeriva l’uso di purghe per espellere le tossine che si pensava potessero causare la malattia mentale, somministrando rimedi a base di erbe e sostanze naturali.
Tuttavia, non tutte le terapie antiche erano invasive o drastiche. La cultura egizia, ad esempio, incoraggiava l’arte come forma di terapia, promuovendo attività ricreative come la danza e la musica per sollevare l’umore dei pazienti. Questi approcci mostrano una sorprendente affinità con le terapie moderne, evidenziando il potere dell’espressione artistica e della socializzazione nel trattamento dei disturbi mentali.
Questo panorama di cure antiche ci invita a riflettere su quanto la percezione e il trattamento della salute mentale siano evoluti nel tempo, ponendo le basi per una maggiore comprensione e accettazione delle malattie psichiche oggi.