Gli smartphone ci ascoltano? Questo è il dubbio sollevato da un servizio pubblicitario di Cmg Local Solutions, società statunitense che ha recentemente citato in giudizio Microsoft e OpenAI per presunta violazione del copyright nei loro prodotti di intelligenza artificiale. Il servizio in questione, denominato Active Listening, prometteva di operare in tempo reale e ha suscitato preoccupazioni riguardo alla possibile intercettazione di conversazioni per fini pubblicitari.
L’articolo originale su 404Media ha reso pubblica un’analisi dettagliata della pagina ufficiale di Cmg Local Solutions, ora rimossa ma accessibile tramite Internet Archive. La pagina presentava Active Listening come un modo efficace per mostrare annunci mirati basati su conversazioni catturate dagli smartphone e altri dispositivi. Ad esempio, frase come “L’assicurazione dell’auto mi scade fra un mese” potrebbe essere utilizzata per mostrare promozioni assicurative. Tuttavia, la società ha successivamente modificato le dichiarazioni, dichiarando che il servizio non coinvolgeva l’ascolto diretto delle conversazioni, ma si basava su dati aggregati, anonimizzati e crittografati provenienti da terze parti.
L’annuncio ha suscitato preoccupazioni sull’uso dei dati personali e sulla possibilità di intercettare conversazioni private. Le grandi aziende come Amazon e Google hanno smentito la fattibilità di pratiche come l’Active Listening sui propri dispositivi, sottolineando le misure di sicurezza adottate.
Sebbene il caso si sia parzialmente risolto con la rettifica di Cmg Local Solutions, resta il dilemma sulle preoccupazioni sulla privacy e sulla percezione di essere spiati dagli smartphone. Fenomeni come l’illusione di frequenza possono spiegare la percezione di vedere annunci correlati a conversazioni recenti, ma è fondamentale considerare anche le normative sulla privacy e le limitazioni tecniche che regolano la raccolta e l’uso dei dati personali.